mercoledì 14 agosto 2013

A Velletri il 22 gennaio 1944 era passata l'Apocalisse

Uno sguardo indietro a quello che accadde 69 anni fa
A Velletri il 22 gennaio 1944 era passata l’Apocalisse!

L'ex Convento San Francesco, all'epoca Caserma Garibaldi
E’ quello che sono riuscito a fare grazie ad un lavoro giornalistico di uno dei più noti e apprezzati giornalisti - pubblicisti di Velletri, Renato Guidi che, con la collaborazione di Padre Italo Laracca, scrisse la reale storia di quello che accadde il 22  gennaio 1944 a Velletri ed ai suoi abitanti. Due uomini, due letterati, due padri di Velletri che hanno vissuto in prima linea le sorti della nostra città, durante i devastanti bombardamenti che hanno distrutto per 87% la più bella e antica città del Lazio, terra natia del grande Ottaviano Cesare Augusto. Questo mese, Gennaio 2013, ricorre il 69 anno dallo sbarco di Anzio. Come ogni anno ho sempre riportato il triste evento che fra l’altro ho vissuto in prima persona con tutta la mia famiglia. Ma questo racconto qui sotto riportato, è il più fedele e sconvolgente che abbia letto in tutti questi anni. Ma non ho voluto farlo mio. Semplicemente l’ho riportato quasi interamente perché credo che pochi siano i miei concittadini ad averlo letto o semplicemente guardato. Solo questo mi ha spinto a copiarlo nella sua parte più terribile, di sicuro non conosciuto dalla ultime generazioni. E’ lungo, ma vi prego leggetelo tutto, così capirete a fondo il disumano sacrificio dei nostri padri e del vissuto dolore per i nostri morti.
VELLETRI
Eroica
“Velletri eroica” è un libricino di 32 pagine uscito il 21 maggio 1961,stampato e fatto uscire  in occasione delle consegna della medaglia d’argento al Valor Civile alle città (pensate: una medaglia d’argento in riconoscimento di una città più antica di Roma, ricca di storia e di palazzi nobiliari, rasa al suolo dagli “alleati” in più bombardamenti aerei, le fortezze volanti chiamate per ironia della sorte <<Liberator>>,  provocando la morte di oltre 1000 cittadini).
Era il 16 gennaio 1961, quando con proprio decreto il Presidente della Repubblica (Giovanni Gronchi ndr), su proposta del Ministero dell’Interno, in seguito al parere della Commissione prevista dall’art.7 della Legge 2 Gennaio 1958, n.13, ha conferito la medaglia d’argento al Valor Civile al Comune di Velletri, con la seguente:

MOTIVAZIONE
“Duramente provata da numerosi bombardamenti, con impavida tenacia e abnegazione sopportava eroicamente con tutta la sua popolazione sofferenze indicibili mantenendo intatta la fede negli ideali di libertà e di pace,,.

Eroismo e sacrificio
Cosi sono state titolate le 32 pagine, correlate da foto drammatiche che ritraggono Velletri macerata e sofferente.  La pubblicazione (in formato tabloid con copertina rigida) edita a cura del Comitato Cittadino, mentre le note rievocative e le foto sono del  giornalista Renato Guidi e del sacerdote Somasco Padre Italo Laracca.
Io, che sono un figlio della guerra, ogni anno ho dedicato largo spazio per rievocare questa tragedia, la più devastante della sua millenaria storia. Man mano che gli anni passavano il mio archivio si arricchiva di storie e d’immagini inedite. Mi resi, così, conto dei lutti e delle tragedie che hanno colpito i miei concittadini, la mia famiglia e gli amici, in città come in campagna. Ho capito delle immani sofferenze delle famiglie, ho capito che non ve n’era una che non avesse avuto un lutto tragico in casa. Ho capito anche  e perché la Città abbia perso migliaia di figli e centinaia di palazzi, storici, pubblici e privati. Tante storie, tante tragedie. 
Il Gran Bar, all'angolo tra il Corso e piazza Cairoli
Velletri fu battezzata dal fuoco delle mitragliatrici dei caccia americani decollati dalle portaerei al largo di Anzio. Era l’8 settembre 1943 e gli “alleati”, forse per colpire la Caserma Garibaldi  (l’ex convento di S. Francesco) che dopo averlo distrutto, bombardarono i dintorni, letteralmente disintegrando gli immobili di via Metabo, piazza XX Settembre (allora Galeazzo Ciano) e piazza Umberto I (oggi piazza Caduti sul Lavoro). Praticamente tutta la parte sud della città, compreso la Cattedrale, le vie  Furio, Caravà, Portella, S.Pietro,  Piazza Mazzini e Porta Napoletana. Questo era appena un acconto per di più fatto il giorno che a Cassibile in Sicilia Il nostro Generale Castellano con gli Anglo Americani, rappresentati da Ike Eisenhower (Comandante supremo delle forze alleate ndr) in persona, firmavano l’Armistizio. (In realtà fu una resa senza condizioni, ma questo si seppe dopo molti giorni ndr). Il preludio alla catastrofe finale, lo si ebbe la mattina del 7 gennaio 1944, quando caccia americani decollati dalle portaerei delle flotte da sbarco, mitragliarono a bassa quota la stazione dei treni, proseguendo il mitragliamento lungo la via Appia sino all’altezza del ponte. Poi gli aerei si diressero lungo viale Oberdan. Molti i cittadini, uomini donne e bambini, furono falciati dalle mitragliatrice degli aerei. Il 9 di gennaio, 2 giorni dopo, gli aerei spezzonavano di nuovo la parte sud, il 15 di gennaio mitragliarono ancora una volta la stazione e dintorni, il 20 una sventagliata di mitragliamenti aerei, il 21 di nuovo la stazione e viale Oberdan (Porta Napoletana costruita nel 1511, ne ha portato i segni sino al 1990, giorno della  inaugurazione dopo il restauro dello studio di architettura De Rossi – Di Vito. Un restauro interamente sovvenzionato dalla allora Banca Pio X. Forse i piloti avevano avuto ordine di non danneggiare le opere antiche, perché non si spiega come siano  rimaste in piedi Porta Napoletana e la Torre del Trivio, dopo tutto quel finimondo che è avvenuto il giorno dopo. Infatti il 22 gennaio 1944 il cielo venne oscurato da centinaia di B52, le fortezze volanti, che a ondate vomitarono migliaia di  bombe da 400 kg dal ventre degli aerei. Alle ore 9,20 lo spettacolo ebbe inizio (scusate l’ironia): Porta Romana, l’Ospedale, Piazza Garibaldi, via Paolina, S. Salvatore, Via Camillo Meda e Via Cannetoli furono ridotte a macerie. Alle ore 13,40, un’altra ondata distrusse la zona tra Piazza Cairoli e S. Salvatore. Alle ore  14,50 i B52 distrussero completamente Piazza Cairoli compreso Palazzo Boffi  dove, nelle sue cantine si erano rifugiati varie famiglie, circa 300 persone tra donne uomini e bambini (furono ritrovati dai Vigili del Fuoco nei primi anni ’50). Il 23 gennaio il lugubre ululato delle sirene annunciava l’arrivo degli “alleati” (evidentemente non nostri) alle ore 10 veniva bombardato il centro cittadino, 2 ore dopo la zona che va da piazza del Comune e S.Salvatore, quest’ultimo sarà il quartiere più distrutto di Velletri (orrore e commozione alla notizia della tragica morte delle donne del rione, madri di famiglia anche con i loro piccoli, che si rifugiarono nella bottega del macellaio Gratta), una bomba fece crollare il palazzo dove la bottega era ubicata, morirono tutti. Il 25 alle ore 8,45 e alle ore 10 mitragliamento a Piazza XX Settembre. Il 30 alle ore 8,45 e alle ore 15,30, ancora mitragliata la ferrovia. I bombardamenti ed i mitragliamenti si susseguono , soprattutto nelle campagne,per tutti i giorni di febbraio, marzo, aprile e maggio. Infatti cessarono perché gli alleati angloamericani, raggiungono i sobborghi di Velletri (la Colonnella).
Corso Vittorio Emanuele, il tratto che va da piazza Cairoli a piazza Garibaldi
Quello che ho raccontato sin qui è nulla se non si entra nei dettagli (le vittime civili furono circa 600 ma l’elenco pubblicato non è completo. Le vittime di quelle dure giornate è di gran lunga superiore. E’ stato ricavato, da alcuni appunti di Padre Laracca e dalle denunce presentate al Comune. Molte famiglie, allora residenti, si sono trasferite  altrove e non hanno dato più notizie. Una storia fra le più tristi è accaduta alla famiglia dell’avv. Gallinelli  Ferdinando che con la sua signora Giovanna Gasbarri, con i loro 9 figli, sono rimasti seppelliti nel ricovero del palazzo Boffi. Erano amici di famiglia, abitavamo nello stesso pianerottolo nel palazzo di Vico Bellonzi e l’avv. Ferdinando Gallinelli ci richiamava più volte per andare al rifugio con lui. Papà, in quel momento non c’era e mia madre non si muoveva se non c’era lui. Quando arrivò ci disse di seguirlo nella grotta del suo laboratorio, grotta che sottostante confinava con le cantine del rifugio Boffi. Appena terminato il bombardamento, Papà, mamma io (avevo appena 5 anni) e mia sorella Maria Teresa che ne aveva 3, uscimmo indenni dalla grotta malgrado sentimmo il fragore delle bombe e del grande Palazzo che crollò su se stesso. Immenso fu il dolore dei miei, quando seppero che la famiglia Gallinelli era rimasta seppellita nelle macerie. Anch’io mi addolorai quando mi resi conto che non avrei più rivisto e giocato con tutti quei bambini, miei vicini di casa. Quel ricordo di quella famiglia, ci accompagnò per tanti anni ancora. Il palazzo in cui abitavamo è rimasto in piedi e, ritornando a casa, i miei non potevano fare a meno, guardando il portone dell’appartamento, intatto, come del resto il suo interno. Mia madre Fernanda scoppiò a piangere. Ma ora vi spiegherò come Velletri ebbe la medaglia d’argento.

4 commenti:

  1. Grazie, grazie di tener vivo nei giovani la vostra Storia.

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  2. Splendide iniziative.... Chissà se questo libricino si può ancora trovare?!? Io sto realizzando un lavoro fotografico proprio sulle grotte di Velletri ... Per tentare di non lasciare svanire quel periodo....

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  3. salve
    mio suocero (allora 14 anni lavorava in macelleria Dante) e sua madre furono le uniche 2 persone che furono tirate fuori dalle macerie dei bombardamenti del 23 gennaio
    lui quando fu liberato non lasciò il nominativo a nessuno ed ora vorrebbe conoscere di quale gruppo fossero i vvf che lo tirarono fuori.....potete aiutarci...grazie

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  4. salve
    mio suocero (allora 14 anni lavorava in macelleria Dante) e sua madre furono le uniche 2 persone che furono tirate fuori dalle macerie dei bombardamenti del 23 gennaio
    lui quando fu liberato non lasciò il nominativo a nessuno ed ora vorrebbe conoscere di quale gruppo fossero i vvf che lo tirarono fuori.....potete aiutarci...grazie

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